42 anni compie l’impresa in kayak da Mondello a Scopello per salvare il mondo

Incredibile Massimo Baccarella
La piccola ha voglia di andare, prenderà il largo per la prima volta, anche per me d’altronde è la prima volta con lei, forse resterò tre giorni in mare (sarebbe bello). Mi auguro di riuscire in questa mini impresa? Cosa devo portarmi? Un mare di paranoie già mi assalgono dall’eskimo, che non ho ancora nemmeno provato, a cosa mangiare. Riuscirò a trovare un posto per sbarcare, quante miglia al giorno farò, il meteo… Arriverò in tempo? Sono solo paranoie nella vita l’unico rischio è non rischiare nulla…go on and go free questo è l’importante. Non tutti mi capiscono, anyway, dovrei partire tra due settimane e dividere il percorso in tre tappe (17,18,19 novembre 2017) Mondello – Scopello.

Così scrivevo solo qualche giorno prima di partire, perché quando Lorenzo mi ha detto che secondo lui il tempo era all’acqua, che il terreno sarebbe stato impraticabile e tutto fangoso, io ho pensato che avrei potuto anticipare il tutto. D’altronde venerdi hanno licenziato un mio collega in quattro e quattr’otto e mentre ritornavo a casa ero abbastanza inquieto. Dovevo trovare qualcosa per ritrovare me stesso, le olive sarebbero andate benissimo. Ma Lorenzo ha voluto rimandare. Così venerdi dopo che mi ha comunicato che non saremmo andati a Tusa l’ho richiamato e gli ho proposto di venirmi a prendere a Scopello, domenica pomeriggio, sempre che fossi arrivato fin li, avrei avuto bisogno di un passaggio per il ritorno a casa. Quindi grazie a Sangar che si è alzato alle 7 e 30 e mi aiutato a mettere la canoa sopra la macchina sono partito da mondello.

Pagaiando i primi chilometri sono trascorsi velocemente, una signora che camminava lungo la riserva di Capo Gallo mi ha salutato più volte e ho pensato: sarà di buono auspicio come quell’uccello bianco che mi precedeva e accompagnava mentre pagaiando sotto la pioggia tornavo da Calampiso a Scopello l’altr’anno.

Fino a quel momento ero stato abbastanza bravo a domare le onde di corrente incrociata che si susseguivano in modo disordinato alzando qualche schizzo e sommergendo un po’ la prua. In due ore ero arrivato a Isola Delle Femmine. Nel passare tra l’isola e la terra la corrente era cambiata e anche io avevo modificato la rotta e senza neanche rendermene conto mi sono ritrovato le onde in poppa e non più di prua, ma non ero minimamente preoccupato. Quell’onda forse un po’ più grande delle altre mi ha sbilanciato e allora ho cercato l’appoggio con una pagaiata più profonda, mi è sembrato di non avere nessun contrasto dall’acqua, forse perché l’onda mi aveva già fatto partire in planata (quindi non ho trovato nessun appoggio e la pagaia è come affondata) e in un attimo ero sott’acqua, con la testa sottosopra e la pagaia ancora in mano. Non c’era più il cielo sopra di me; quello che era sotto è andato sopra e quello che ora avevo sotto o sopra, a seconda dei punti di vista, era il fondo del mare. Il respiro mi era stato spezzato senza alcun preavviso. Mi sono detto proviamo la manovra. La prima volta è stato più un impulso poco convinto che ho utilizzato per prendere fiato. Poi ho provato in maniera più convinta, ripensando ai video tutorial che avevo visto su internet, ma il risultato non è stato molto differente, ho solo preso un pò più aria. A quel punto ho fatto altri due tentativi fino a quando non ho bevuto. Allora ho capito che sarebbe stato meglio uscire prima possibile. Avevo bisogno di aria. Dopo avere sganciato lo spray deck sono subito fuori e rigiro la canoa abbastanza piena d’acqua. Provo un paio di volte la risalita finche non riesco a rientrare in cabina ma basta un piccolo sbilanciamento e la canoa ribalta nuovamente. Penso a come potere svuotare giacchè non ho ne una sassola ne una pompa; così cerco qualche soluzione: in un primo tempo provo ad utilizzare un sacco che era rimasto in cabina, ma con scarsi risultati anche perché non riuscivo ad alzare il sacco pieno d’acqua sopra il bordo della cabina che era praticamente all’altezza della mia testa; come un lampo mi balena l’idea:<>. La prendo dal gavone e restando in acqua cerco di svuotare il più possibile. L’attività è stancante ho tachicardia, anche se l’acqua non è troppo fredda. Provo un altro paio di volte la risalita ma l’acqua dentro la canoa era ancora troppa e una volta risalito perdo nuovamente l’equilibrio. Cerco allora di togliere quanta più acqua possibile con pazienza e di prendere un po’ di fiato prima di riprovare la risalita. Non voglio perdere troppo tempo con la canoa piena d’acqua ma non voglio fare un altro tentativo a vuoto che mi farebbe perdere solo ulteriori energie e non riuscire a restare in equilibrio e capovolgere nuovamente, mi concentro il più possibile per essere efficace in quel tentativo. Già con la mente sto cercando altre soluzioni. Ma per il momento mi concentro su quel tentativo; ci sono quasi salgo e mi posiziono in cabina qualche secondo di equilibrio ma mi accorgo che la pagaia si è allontanata provo ad andargli incontro remando con le mani ma sono ancora molto instabile arriva un onda e ribalto nuovamente. Vado a nuoto a prendere la pagaia, che con un cordino lego alla canoa; all’altra estremità del cordino lego anche la padella che in questo momento è di vitale importanza non perdere. Ricomincio il lavoro di svuotamento con la padella. Nel frattempo la corrente deve avermi spostato in una zona più tranquilla, comunque prima di provare la risalita metto la prua contro l’onda; poi risalgo ed entro in cabina, non mi sembra, vero sto abbastanza in equilibrio da dare qualche colpo di pagaia in modo da utilizzare l’equilibrio dinamico del kayak che mi consente di togliere la restante parte dell’acqua con maggiore sicurezza mentre sono in movimento.

Proseguo così continuando a svuotare ogni 10 pagaiate circa fino a quello che è segnato come punto di ristoro. Insomma, poi è andato tutto bene devo essere stato molto fortunato. Ho dormito sfacciatamente accanto alla capitaneria di porto a terrasini e non ho avuto alcun problema; solo il cane che stava dentro il recinto del limite invalicabile, quando alle tre di notte, mi sono alzato per bere l’acqua si è accorto della tenda e non si è dato pace abbaiando finché un militare in pigiama è uscito a calmarlo. In quel momento sono uscito dalla tenda con una banana in mano e gli ho spiegato che stavo giusto per ripartire, non mi ha fatto grandi paranoie ma ho dovuto smontare la tenda e ho smesso di dormire; ma alle sei così ero già di nuovo in marcia.