L’ora è giunta: IL POPOLO ITALIANO CORRE ALLE ARMI.

L’ITALIA DICHIARA GUERRA ALL’AUSTRIA-UNGHERIA

GLI ANTEFATTI
L’Italia aveva rinnovato nel 1912 il trattato che la impegnava ad intervenire a difesa dell’impero austro-ungarico o dell’impero tedesco, nel caso fossero stati attaccati ma già in quell’anno i rapporti con questi due stati non erano più stretti come quando il trattato fu stipulato per la prima volta, nel 1882.
Pertanto, quando l’Austria attaccò la Serbia (attentato di Sarajevo, 28 giugno 1914), il governo italiano non si era sentito impegnato a seguire l’alleato nell’impresa e aveva dichiarato la propria neutralità. Tuttavia già allora si creò un movimento favorevole all’intervento in guerra, formato da formato da quelli che vedevano nella guerra un mezzo per realizzare una rivoluzione sociale (Mussolini e i socialisti rivoluzionari) e da quelli che pensavano di completare con la guerra contro l’Austria l’unità del Paese, con la conquista di Trento e Trieste (ancora in mano agli Austriaci). D’altra parte, i socialisti e i cattolici si erano opposti da sempre al’intervento italiano. Adesso le forze interne ed esterne che spingono l’Italia verso la guerra sono diventate molto forti e hanno avuto la meglio.

L’INIZIO ITALIANO
Dichiarata la guerra, il generale Luigi Cadorna ha avviato la preparazione dell’esercito, per poter mettere in pratica il suo piano: far giungere i soldati oltre l’Isonzo, in direzione di Lubiana. L’esercito italiano, composto da circa quattrocentomila uomini, divisi in quattro armate, ha un compito molto difficile, poiché il tracciato del confine gli è sfavorevole in quanto gli Austriaci, a quanto pare, sorvegliano prontamente le alture da dove possono combattere i fanti italiani, specialmente sul fronte dell’Isonzo e l’altopiano del Carso. L’obiettivo principale è, dunque, quello di far fronte al forte schieramento difensivo austriaco.

I NOSTRI SOLDATI: GUERRA Sì O GUERRA NO? IN OGNI CASO È UN “IMPEGNO”
I nostri soldati dovranno, sì, fronteggiare gli attacchi nemici, ma non solo: dovranno combattere contro difficoltà come le asperità del terreno e la durezza del clima; inoltre, le strade mancano e i militari dovranno trasportare viveri e armamenti in spalla o con l’aiuto dei muli. Nessun conflitto manca di drammaticità, e di questo ogni soldato è consapevole; tuttavia nessuno ha espresso la volontà di tirarsi indietro. Non prendere parte alla guerra significherebbe mancare l’occasione destinata a questa generazione di compiere la propria esperienza esistenziale. I soldati dovranno abituarsi ad uno stato di tensione e di allerta continui: cercare di individuare i movimenti e le intenzioni dei nemici, di notte come di giorno, metterà sicuramente a dura prova le loro risorse fisiche e psicologiche. Ma la guerra, in tutta la sua ambiguità e tragicità, è un impegno e, come tale, sarà portato a termine.