Brevetti regalati a Reggio Emilia

Reggio Emilia – Brevetti da paracadutista fasulli, confezionati su misura e utilizzati da alcuni carabinieri al fine di impreziosire i rispettivi curriculum e magari ottenere un avanzamento di carriera.

Sarebbero almeno cinque i casi sospetti individuati dalla Procura di Reggio Emilia , due di questi sono stati già cristallizzati e si è proceduto con la notifica delle informazioni di garanzia agli indagati, mentre per il resto sono in corso ulteriori accertamenti. A scoprire quello pare essere davvero essere uno scandalo dei finti attestati sono stati i carabinieri del comando provinciale, che ora si trovano a dover indagare su colleghi che, nei casi più gravi, rischiano perfino di essere accusati di truffa. Il fascicolo, sul quale è tenuto un rigido riserbo, si trova sulla scrivania del sostituto procuratore Giovanni Maddaleni che pare intenzionato ad allargare il cerchio delle indagini.

Non si esclude che possa essere stato messo in piedi una sorta di mercato nero in cui magari si sono serviti membri di altre forze di polizia. A quanto risulta l’inchiesta sarebbe soltanto all’inizio, visto che deve essere ancora scoperta l’identità del soggetto che materialmente realizzava e poi rivendeva i brevetti. Gli investigatori dell’Arma hanno chiesto all’Associazione nazionale paracadutisti d’Italia di verificare l’autenticità di alcuni documenti. I carabinieri hanno notato che gli attestati sospetti riportano tutti una sequenza numerica progressiva. I dubbi sono davvero molti e si attende che venga fatta chiarezza. Nei prossimi giorni potrebbero essere notificati alcuni inviti per i primi interrogatori. Il pm Maddaleni tra poche settimane lascerà la Procura di Reggio Emilia per trasferirsi nel tribunale di Massa, nel frattempo farà il possibile per tirare le fila dell’inchiesta, arrivando a formalizzare le prime accuse.

Tra l’altro non è neppure la prima volta che nella nostra provincia accadono episodi simili. Due anni fa, nell’abitazione di un militare vennero sequestrati alcuni computer, contenenti circa cinquanta attestati che si sospettava fossero fasulli. Il blitz venne eseguito su ordine del pm Marina Mazzella della Procura militare di Napoli, ma le successive indagini dimostrarono l’autenticità delle certificazioni