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DI PIAVE In molti dicono di averla vista, negli anni, girovagare per le campagne trevigiane senza una meta e spaventando, ma forse a sua insaputa, gli ignari passanti ed escursionisti intenti a rilassarsi nella natura. Lei è l’ormai leggendaria “Cheche”, anziana donna di nero vestito che ormai da secoli dimora nei terreni coltivati di Ponte di Piave, probabilmente all’interno di un casone di paglia lungo il letto del fiume sacro alla Patria.

Cheche però è solo un soprannome che lei stessa si era data nel tempo, ma questa donna misteriosa un nome lo aveva e lo ha ancora: Cleofe Clelia Bergamo. Donna realmente vissuta a Ponte di Piave tra il 1884 e la fine degli anni Sessanta del ‘900, in un arco di tempo segnato da eventi storici traumatici quali le guerre mondiali e la grande alluvione del 1966, sarebbe una vecchia senza età con delle unghie lunghissime (che la renderebbero facilmente riconoscibile) e vestita sempre di nero, come se fosse in lutto per un’antica tragedia. Cheche vaga incessantemente per ogni dove, tutti gli anziani la conoscono, ma nessuno saprebbe veramente descriverla a causa della sua capacità di sfuggire al ricordo delle persone. Si dice anche che le campane, con un loro linguaggio segreto e antico, le parlino ancora e la invitino a recarsi al capezzale dei moribondi per aiutarli a lasciare serenamente la vita.

Una leggenda senza tempo quindi, che sicuramente nonni e bisnonni della zona ricorderanno fin da quando erano piccini. Ad aiutare però negli anni il mantenimento di questa tradizione della storia trevigiana, ci sono stati anche diversi spettacoli teatrali e letture in musica, soprattutto grazie alla collaborazione di Claudio Rorato, insegnate di arte appassionato di letteratura e già assessore alla cultura a Ponte di Piave che, dopo il successo di «Donne sole a borgo Sotto Treviso», nel 2007 si è riproposto al pubblico con una nuova pubblicazione dal titolo “Le unghie di Cheche”. Un volumetto edito da Exodus che aveva avuto molto successo in tutta la zona del Quartier del Piave, grazie soprattutto ad una narrazione dai toni misteriosi e nostalgici, andando a proporre una figura tra il magico e l’oscuro. La trama infatti oscillava tra fantasia e realtà, aiutata anche dalle illustrazioni dell’artista opitergina Lina Sari, che ha già aveva lavorato con Parise, Ceronetti e Zanzotto, mentre nelle rappresentazioni teatrali a fare da padrona era la cupa musica realizzata da “Gli Orkestrani”.